Cervello plastico attivo

Scoperta sul potenziale plastico del cervello adulto

Nuove prospettive per la riabilitazione visiva e cognitiva dalla ricerca dell'Università di Pisa

Scoperta sul potenziale plastico del cervello adulto

Il potenziale dormiente del cervello

Per anni si è ritenuto che la plasticità della corteccia cerebrale fosse limitata all’infanzia, ma studi recenti dimostrano che il cervello adulto possiede un potenziale rimasto dormiente, pronto a essere riattivato. La chiave di questa scoperta risiede nel pulvinar, una piccola struttura profonda del cervello, capace di “riaccendere” la capacità della corteccia visiva di adattarsi e imparare. Questa ricerca, condotta dall’Università di Pisa e pubblicata sulla rivista Science Advances, offre nuove opportunità per affrontare la riabilitazione visiva e cognitiva, suggerendo che modulare il ruolo del pulvinar possa portare a metodi terapeutici innovativi per riattivare la plasticità cerebrale e misurare il “potenziale plastico” del cervello, utile per predire l’efficacia delle terapie.

Il ruolo del pulvinar nella plasticità cerebrale

Lo studio, guidato da un team di ricercatrici pisane in collaborazione con l’Università di Maastricht, l’IRCCS Fondazione Stella Maris e la Fondazione Imago7, dimostra che il pulvinar regola la plasticità della corteccia cerebrale, in particolare nel sistema visivo. Un piccolo difetto visivo, infatti, può compromettere la maturazione del cervello, rendendo difficile il recupero in età adulta. Tuttavia, i risultati evidenziano che la corteccia visiva degli adulti mantiene un potenziale di cambiamento, pronto a essere attivato da stimoli appropriati.

Il metodo di ricerca

Per confermare questa teoria, le ricercatrici hanno sottoposto un gruppo di adulti a una risonanza magnetica funzionale a campo ultra-alto (7 Tesla), in grado di fornire immagini ad alta risoluzione della connettività cerebrale. Questa analisi è stata effettuata due volte: prima e dopo che i partecipanti avessero indossato una benda su un occhio, in un processo noto come “deprivazione monoculare a breve termine”. I dati hanno rivelato che una deprivazione di sole due ore non solo altera la dominanza oculare, ma modifica anche la comunicazione tra le aree del cervello visivo. In modo sorprendente, il cambiamento non si limita alla corteccia, ma coinvolge principalmente il pulvinar, che riduce la sua influenza sulla corteccia cerebrale dopo la deprivazione.

Implicazioni della scoperta

«Il pulvinar, la cui funzione è ancora poco chiara, esercita un’influenza inibitoria sulla corteccia adulta. Abbiamo osservato che dopo la deprivazione questa influenza diminuisce, aprendo così le porte alla plasticità. Il cervello non utilizza connessioni rigide, ma è in grado di modificarle, bilanciando stabilità e necessità di cambiamento» spiega Miriam Acquafredda, prima autrice dello studio. «Questa ricerca cambia la nostra visione sulla plasticità cerebrale e sull’organizzazione funzionale del cervello adulto», aggiunge Maria Concetta Morrone, professoressa dell’Università di Pisa e membro dell’Accademia dei Lincei. «Tradizionalmente, si tende ad attribuire alla corteccia cerebrale tutte le funzioni superiori, relegando le strutture profonde a istinti ed emozioni. Questi risultati capovolgono questa prospettiva, dimostrando che strutture profonde come il pulvinar possono orchestrare le funzioni corticali.»

Conclude Paola Binda, professoressa dell’Università di Pisa: «Lo studio si inserisce nella nostra linea di ricerca principale, in cui consideriamo il cervello come una “macchina predittiva”, che cerca di anticipare ciò che sta per accadere per rispondere prontamente. Quando le previsioni si scontrano con una realtà anomala, il meccanismo di generazione delle predizioni deve essere aggiornato. Crediamo che sia proprio questo il segnale che innesca la plasticità».